27 febbraio 2013

Oggi sono nero…


27.02.2013 Oggi sono nero…

Fonte foto: comeittoogami.blogspot.com
A proposito di solidarietà motociclistica…..
Premetto che sono uno strenuo fautore del saluto in strada e dell’aiuto reciproco in caso di difficoltà.
Ogni volta che ho visto un collega centauro con il mezzo in panne mi sono prodigato nel mettermi a sua disposizione per trarlo d’impaccio. Sia quando ho spinto uno scooterista sul ritorno dal mare per buona parte della Cristoforo Colombo, sia quando ho spinto fino a casa un altro disperato fermo sul Raccordo Anulare, così come quando ho aiutato un altro sfortunato che era rimasto a secco con un GS1200. Oppure un motociclista romeno con tanto di tuta di pelle e missile sotto il sedere che s’era perso sulla Via Appia… così come... così come....
Questi sono solo gli esempi più recenti che ricordo, ma l'elenco è ben lungi dall’essere completo.
Non sono uno di quelli che tira dritto. Un motociclista fermo lo considero come un fratello in quel momento più sfortunato di me. Oggi è toccata a lui domani potrebbe toccare a me, come si dice... stiamo tutti sotto lo stesso cielo...
Non è sicuro che possa fare qualcosa ma almeno mi fermo e sento se posso aiutare in qualche maniera.
 
Ma giorni fa è toccata a me. Fortunatamente una cosa banale.
Via di Malafede angolo Via Ostiense diretto ad Ostia. Ho un paio d’ore e prima di andare al lavoro voglio andare a respirare un po' di aria di mare. La mancanza di sole e salsedine inizia a farsi sentire alla fine di un inverno lungo e piovoso. Velocità contenuta approssimandomi ad un incrocio abbastanza pericoloso. Strada in discesa. Quarta, terza. Faccio salire il propulsore su di giri per sfruttare il freno motore e non affaticare i freni. Il bicilindrico della mia Transalp si fa sentire con qualche benevolo borbottio. Ma già nella scalata sento nella frizione qualcosa che non va. Niente di percepibile, forse solo un’impressione. Tiro e lascio la frizione e sento qualcosa che non va proprio come dovrebbe. Sembra come se ci fosse stata un po' più di ruvidità nel cavo. Forse una sensazione, forse una premonizione. Con i freni abbasso i giri del motore e passo alla seconda.
Ma ecco che.....

La leva della frizione viene tutta indietro e non torna al suo posto. Metto in folle e mi fermo a pochi metri dall’incrocio.
Guardo sulla leva sinistra e vedo il cavo della frizione oscillare come una molla. Dal foro di ingresso vedo quello che rimane del cavo metallico che scorre dentro. Sembra come un albero in inverno che ha perso tutte le foglie e con i rami rinsecchiti squassati dal vento. 


Porca paletta! Ho rotto il cavo della frizione.
E adesso? Come faccio?
Di sicuro non ho con me un cavo di ricambio. Non me lo sono portato nei giri in Umbria e Sardegna o nelle tendate in montagna, figurarsi quando giro per Roma... Grande errore....
Certo che tornare a Roma senza frizione non è che sia il massimo....
Finché c'è poco traffico cambiare "a secco" e "ad orecchio" cercando di capire dal numero dei giri quando arriva il momento di cambiare marcia si potrebbe anche fare. Ma la strada è parecchia. Non posso escludere di trovare traffico e rimanere fermo tra le macchine... Ed in caso di una partenza in salita? Naaaaa... Impensabile!
Armeggio con il telefonino cercando da un amico che abita in zona una dritta su un meccanico vicino. Ma la cosa non è immediata....
Il tempo passa così come i motociclisti, sempre fratelli, pure se tirano dritto vedendo uno con la moto ferma a margine carreggiata mentre cerca di arrabattarsi con un cavo ribelle.
Ma allora la solidarietà motociclistica?
Già... La solidarietà motociclistica dove si trova? Su una pista nel deserto del Gobi? Su un passo di montagna? In città, o meglio, ai suoi margini come mi trovavo io, viene meno?
Sono stati questi i pensieri che mi sono turbinati in testa....

A voi è mai capitato di essere "soggetto passivo" di solidarietà motociclistica?

Com'è andata a finire con la frizione?
Alla fine un benzinaio mi ha indicato un meccanico ad un paio di chilometri che fortunatamente aveva un cavo da adattare.
Dieci euro, una incazzatura ed il mare non l'ho visto nemmeno da lontano.

Buona strada a tutti
 

17 febbraio 2013

Mamma mia che impressione!


Mamma mia che impressione!
L’altra sera rientravo a casa a piedi.
Come sempre, quando passo davanti al posto dove solitamente lascio Amelia, ci butto un occhio per vedere se è tutto a posto, se è ancora dove e come l'avevo lasciata.
Un po' come fa un padre che rientra a notte fonda. Apre la stanza dei bambini e guarda se è tutto ok. Li vede che dormono, gli lancia un bacio e va a dormire tranquillo che tutto è a posto.
E' una specie di riflesso condizionato. Non ricordo di essere mai rientrato senza averlo fatto. E una volta che ho verificato che è al suo posto, nessun pezzo mancante, il blocca disco è messo e l’antifurto è inserito, mi posso avviare tranquillo verso il portone.
Lei è lì, come l’ho lasciata e come spero di ritrovarla il giorno dopo.
Ma l’altra sera non è andato tutto così
Tornavo a casa e guardando nella sua direzione non la vedevo.
No forse l’ultima volta l’ho messa di fronte.
No non c’era nemmeno di là.
I posti dove la metto sono due, massimo tre, tutti nel raggio di pochi metri.
Guardo nel posto dove la metto più di rado ed anche quello era vuoto.
Il tempo si è fermato. In una frazione di secondo sono mi passati nella mente tutti i motivi per i quali non avrei potuto trovarla.
Avevo prestato la moto? Impossibile! Tranne il mio meccanico ed un paio di volte un giretto a mio cugino Amedeo, le mani su Amelia non le mette nessuno!!!
La moto mi era stata rimossa dalla Polizia Locale? Difficile. Non la metto mai in zona divieto e lì non c’è nessun cartello. Nemmeno lavori stradali urgenti che avessero richiesto il suo spostamento.
Non rimaneva altra ipotesi.
Era stata rubata. Orrore! Tragedia! Lutto! Disgrazia!
Fonte foto: imageshack.us
In un attimo ho ripercorso mentalmente tutti i due anni e mezzo che è stata con me. Dalla mattina del ritiro al concessionario, le corse al mare, le gite in collina, il viaggio in Sardegna, il viaggio futuro che stavo immaginando. Poi gli accessori montati, quelli che ancora non avevo installato. Le scritte in rifrangente che volevo applicare.
Eccetera eccetera eccetera.
Attimi infiniti di terrore…
Tornando al paragone dei bimbi sarebbe come trovare nella penombra il lettino vuoto senza nessuna traccia dei pargoli… ci pensate?
Con gli occhi sbarrati già mi immaginavo tutta la trafila. La denuncia alle autorità, all'assicurazione. Tutta la pratica per il risarcimento che tanto non accontenta mai.
Poi i giri nei posti dove l’avrebbero potuta portare per smontarla.
No magari già era su un furgone anonimo per chissà quale destinazione.
Forse era un furto su commissione e della povera Amelia era rimasto solo lo scheletro pronto per fare ruggine in chissà quale discarica abusiva.
Oppure era la bravata di qualche ragazzetto in cerca di adrenalina… rubare una moto per farci qualche giro e poi abbandonarla.
No, magari la ritrovavo parcheggiata dove non mi ricordavo. No no. Impossibile.
Ma la cosa peggiore per il futuro era quella di riconoscere la mia amata Bimba in ogni Transalp nera che girava per la strada. Controllare se c’è il piccolo adesivo sul cupolino, i pochi graffi sulla carena.
Poi, altro problema da non sottovalutare… e domani? Come vado a lavorare? Con i miei orari prendere i mezzi pubblici è una cosa improba…
E poi? Per quanto tempo sarei potuto rimanere senza una due ruote?
E cosa farmi? Rifarla uguale? Una Amelia II come una barca? Un mezzo simile? Cambiare completamente genere?
Ma, soprattutto… con quali soldi?
Attimi interminabili, credetemi.
Poi, come un lampo che squarcia le tenebre è arrivata l’illuminazione…
Fonte foto: it.123rf.com

Certo che la moto non c’era… Era dal meccanico!!!!!!


Fonte foto: memegenerator.net

Che tonto! Ma soprattutto… Che smaltita!!!!
E a voi? è mai capitato niente del genere?

05 febbraio 2013

Il viaggio del sogno Parte 2



(...Segue) Un po’ colpa di un articolo di Dueruote di dicembre 2011.
Lì si raccontava di un viaggio lungo il  fiume Giordano fino a Aqaba, dalla parte giordana, fatto dal cuoco francese di corte con la passione per le Harley.
Un po' ci si è messo (non me ne voglia l’Autore, lo dico in senso positivo) quel giramondo di Marcello Anglana con il suo libro “Medio Oriente: la terra proibita in moto dalla Turchia all'Egitto, attraverso Israele”.
Per chi non lo conoscesse, Anglana (www.gold-wing.it) è un normalissimo funzionario pubblico pugliese e non un eccentrico magnate del petrolio. Lui di punto in bianco prende la sua Honda Goldwing e decide di farsi una passeggiata. La meta? Sia essa Capo Nord o le piramidi in Egitto, come il Giappone o la Mongolia, il nostro bravo Marcello carica i bagagli sulla sua moto e solo soletto, pure senza sponsor, prende e parte. Perché come dice lui, “la meta è il viaggio”… E come dargli torto…?

Cos'è successo ventidue anni fa o giù di li?

Percorrevo in pullman quella fantastica strada israeliana che è la numero 90. Costeggia tutto il corso del fiume Giordano dalla parte israeliana, da Kiryat Shmona nel profondo nord ai confini con il Libano, passa per il Lago di Tiberiade, segue per il Mar Morto, rotolando verso Sud arriva dritta dritta fino ad Eilat sulle sponde del Mar Rosso. Era il ’91. La prima Guerra del golfo era appena finita ed io e quella che sarebbe diventata la mia zavorrina, andavamo a scaldarci, anzi ad arrostirci da quelle parti. Il pullman era confortevole. Aria condizionata e ragazzetti chiacchieroni intorno a noi. Il panorama da Gerusalemme fino al profondo sud israeliano scorreva sonnacchioso. Avevamo gli occhi già pieni del mare che ci aspettava dopo quattro ore di corriera. Deserti sabbiosi, oasi, pietraie e villaggi si alternavano lungo tutta la strada. Ero seduto agli ultimi posti per ed il walkman mi teneva compagnia. Ma un rombo improvviso sbucato dall'ultimo dosso percorso ci seguiva. Un rumore insolito per il paesaggio ma in un certo modo familiare. Due Yamaha TT 600. Bianche e rosse. Casco da cross, abbigliamento tecnico, stivali e gli zaini legati sul piccolo portapacchi. Per un po' ci hanno seguito, poi appena la strada l’ha concesso, marcia scalata ed allungo verso l’orizzonte. Ca@@o che figata. Ma non faccio in tempo a finire il pensiero che noto la targa. Erano targate Milano!!! Doppia figata!! Il viaggio prosegue pigro fino alla destinazione.

Per tutta la permanenza ad Eilat riesco ad avvistare i due centauri solo un paio di volte. L’ultima mentre andavano di gran carriera verso sud in direzione di Taba al confine con l'Egitto. Non li vedrò mai più. Nessuna possibilità di scambiare con loro 4 chiacchiere sulle impressioni di viaggio o anche solo per una birra fresca in quel forno a 45° di Eilat. 
(continua)

Il primo ricordo


Tutti noi motociclisti andiamo in moto da più o meno tempo.

Chi ha iniziato adolescente, chi ha scoperto il sacro fuoco delle due ruote che aveva già le prime stempiature o chi la passione se l’è fatta venire in una età più o meno variabile.
Ma, chiedo a tutti voi, qual è il vostro primo ricordo motociclistico?
E qui non intendo la prima volta che avete portato la vespetta, il primo scivolone o la prima moto a marce…. Quando è successo che per la prima volta in assoluto siete saliti sulle due ruote che non fosse il triciclo della Chicco o la bici Graziella?
Il mio ricordo è molto lontano. Allo stesso tempo sfocato ma molto presente.
Premesso che in famiglia, tranne un episodio sporadico al quale non potevo partecipare per legittimo impedimento (dovrei indicare gli anni con i numeri relativi, quelli col meno davanti per intenderci, se vuoi leggi pure qui) di moto non ce ne sono state affatto.
Niente papà Centauro o zii smanettoni che portano il pargolo a fare un giretto… Ma il babbo, per questo come per l’altro mio interesse, purtroppo un po’ sopito - il mare, è stato un portatore sano di passione.
Ma torniamo a noi, non divaghiamo…
Facendomi due conti avrò avuto 5/6 anni, non di più.
Mi capitava spesso di andare con mio padre a fare il giro dei suoi clienti. Ogni cliente un mondo da esplorare, sempre pronti a fare i complimenti al figlio del fornitore, a volte un po’ troppo appiccicosi ricordo. Erano mercerie ma spesso anche negozi di giocattoli, quindi capirete bene il mio totale disinteresse… A Casalotti, sulla Via Boccea, mio padre aveva un cliente che teneva sempre parcheggiata la moto sul marciapiede fuori dal negozio. E la tappa fissa, prima di passare al cliente successivo, era quella della salita sulla moto.
Non ricordo bene che moto fosse stata, azzardo una Honda four. Ma ricordo benissimo il serbatoio davanti tondeggiante e squadrato dietro che si raccordava con la sella. Altro azzardo il colore, mi sembra rosso. È preciso il ricordo del serbatoio perché io ero piccolino e dalla sella non riuscivo a toccare le manopole. Così il gentile Centauro mi faceva sedere sul serbatoio con i piedi penzolanti.
Ma una volta fece qualcosa che rimarrà impressa per sempre. La accese.
Ricordo le lucine sugli strumenti ed il rombo con le relative vibrazioni. Era parcheggiata sul lucernario che dava sullo scantinato e le vibrazioni venivano amplificate dal piano di cemento con i vetri squadrati. Che emozione!!! Mi sembrava di cavalcare un drago metallico che emetteva fumo non dalla bocca ma dalla marmitta. Mi mise la mano sulla manopola del gas e mi disse “Adesso tocca a te, dai gas!”. Wow!!! Ad ogni sgassata le vibrazioni aumentavano e la lancetta del contagiri percorreva il suo arco. Andata e ritorno. Mi guardavo intorno estasiato. Mi incuriosiva l’altra lancetta. Quella era sempre ferma. Potevo dare quanto gas volevo, ma il tachimetro era sempre fermo… boh, valli a capire questi draghi di metallo e gomma… Il tutto sarà durato qualche secondo, forse anche un minuto. Ma tanto è bastato perché a distanza di decenni la scena mi sia rimasta in mente…
Fonte foto: sicurmoto.it
Ovviamente un po’ più complicato era farmi scendere…
Ma avevamo il cliente successivo da visitare e chissà quale altra sorpresa avrei avuto…
Grazie anche di questo papà…

E voi? Qual è il vostro primissimo ricordo motociclistico?

04 febbraio 2013

E’ nata una centaura

"Ho intenzione di farmi una moto. Che cosa mi consigli? Mi dai una mano a cercarla?"
È stato così che qualche mese fa una mia amica mi ha comunicato la sua intenzione di compiere il grande passo. Entrare a far parte del fantastico mondo delle due ruote. Da Zavorrina voleva diventare Centaura. E non sto a dirvi che emozione ho provato a questa richiesta.
Subito le prime domande di rito... Che esperienza hai di guida? Che patente hai? A che tipo di moto sei indirizzata? Qual'è il tuo budget? Nuova o usata? Ma cosa ancora più importante.... Perché la moto? Fuoco fatuo passeggero o motivi più profondi?
Alle prime domande subito la doccia gelata. Pochissima esperienza nel campo. Il massimo delle due ruote condotte è stato un Honda SH che con tutto il rispetto è mooolto lontano dall'essere una moto. Corollario niente patente per moto, solo la B che fa portare poche cose. Quindi le consiglio una moto usata di piccola cilindrata da tenere un annetto giusto il tempo di capire se è tagliata per il mezzo, poi la patente e dopo un po' il  passo successivo per una media cilindrata. E poi chissà…. Per il tipo di moto mi dice di non avere grandi preferenze, purché sia leggera e non molto alta. "Budget? Serve anche quello? Dove si compra?" dopo aver chiarito il dubbio linguistico e traducendo l'anglicismo con un più prosaico "Ma quanto hai da spendere?" cui è seguito un "Poco. Molto poco purtroppo, un migliaio di euro", si passa alla domanda più importante... Perché la moto? Ed inizia a raccontarmi come è capitato il suo innamoramento a due ruote.
Primo giorno d'estate di due anni fa. Complici una breve fuga al mare con relativo gelato sulla rotonda insieme ad un suo amico, mi ha spiegato che stare dietro sulla moto è bello ma che voleva fare il grande salto di qualità. Decidere lei quale sia la strada da prendere, avere il vento sulla faccia e sentirsi libera, sensazione che solo la moto ti può dare. Promossa a pieni voti! Si! Aveva tutte le carte in regola per il grande passo... il resto non importava.
"La domanda sorge spontanea.... Ma la sai portare una moto? Mi sa che a marce non hai portato nemmeno la Vespetta... Quando hanno smesso di produrre quella a marce tu probabilmente giravi sul passeggino Chicco..." lei annuisce arrossendo… “risolviamo anche questo….” Le rispondo.
Allora via! Alla ricerca del mezzo! Tutto quello che le propongo, per un motivo o per l’altro, non andava bene. Mi telefona pochi giorni dopo dicendomi di essere rimasta folgorata in un concessionario. Niente fili scoperti sul quadro elettrico… Aveva solo visto una Honda CBR 125 rossa blu e grigia che le aveva trafitto il cuore.
L'oggetto dei desideri
Si! La moto dei sui sogni doveva essere quella e solo quella! Al negozio c'era salita sopra, abbastanza leggera anche per lei e non troppo alta.
Ci mettiamo alla ricerca dell'oggetto dei suoi desideri! Fa una decina di sms a potenziali venditori, l’accompagno ad un paio di prove e finalmente decide per l'acquisto. Neanche a dirlo si è messa contro mezza famiglia che accampava le solite scuse per dissuaderla. Ma lei, giustamente testarda, è andata dritta fino allo scopo. Arriva il grande giorno, il ritiro del mezzo. Drin! Lei al telefono "Senti... hai da fare dopodomani all'ora di pranzo? Dovrei ritirare la moto ma.... non so come portarla via... Non ho mai portato una moto a marce.... Mi fai compagnia? E, soprattutto... Mi insegni a portarla?" Ops!! Dettaglio trascurato...
Andiamo insieme con la sua macchina e prendiamo, anzi prendo la moto. Ha appena 11.000 km. Tutto sommato è in buone condizioni. Anche se è stata ferma da un anno e non tiene il minimo. Se si spegne bisogna farla partire a spinta. Batteria da sostituire. Speriamo bene per l’alternatore. Ottiene un altro sconto.
Devo attraversare Roma con un mezzo non mio, che non conosco e con la paura che mi pianti in mezzo al traffico. Mi affido a quel nume tutelare che segue ogni motociclista. Il mezzo, se lo tengo un po' su di giri, si comporta bene. È agile e maneggevole, scivola fluido nel traffico capitolino. Nemmeno a dirlo arrivo prima io e nel frattempo inizia a piovere. Penso “Moto bagnata moto fortunata”. Come la sposa. Lei, rallentata dal traffico che io invece avevo evitato si fa aspettare. Potenza delle due ruote…Per ingannare l’attesa le faccio qualche foto di rito all’hondina (le avessi fatte io le foto al primo motorino…. Ma all’epoca non c’erano gli smartphone che facevano anche il caffè…).
Arriva. Scende dalla macchina con un sorriso da orecchio ad orecchio. Era felicissima. Mi getta le braccia al collo e non smette di ringraziarmi. Finalmente aveva la moto dei suoi sogni.
Le spiego la moto punto per punto. Come vanno fatti i controlli di routine e le prime cosine da fare, in fondo era parecchio che stava ferma.
Subito in sella
Lei impaziente ci salta subito sopra incurante della pioggerellina che non smetteva. L’accende, tira la frizione e ingrana subito la marcia. Le faccio le ultime raccomandazioni, nemmeno mi sente che subito la vedo sparire tra le macchine del parcheggio dove eravamo. Qualche tentennamento ma tutto sommato andava bene.
“Avevi ragione tu!” mi dice “bastano poche cose e poi lascia fare all’istinto”.
In bocca al lupo novella Centaura!

Con il vento in faccia ed il sole dietro le spalle.
La consegna delle chiavi e l'investitura ufficiale a Novella Centaura