17 aprile 2023

Odissea a San Fregnino


Nonostante gli ammonimenti di chi era più grande e ne sapeva un po’ di più sulle cose della vita, Flavio volle sfidare la sorte. Ma mal gliene incolse…

Flavio covava tra sé e sé da un po' di tempo il desiderio di stare una domenica tutti insieme nella casa di famiglia a San Fregnino a Mare dove aveva passato l’infanzia. Una giornata tutti insieme con la moglie Dora ed il figlio Andrea. Ma non solo. Nel suo progetto ideale era prevista anche la sorella Selenia con la relativa famiglia ed ovviamente la madre e le zie inseparabili. Un po' come accadeva tanti anni addietro. Certo qualcuno ormai non c’è più, qualcuno ora c’è ora ma prima no, ma che vuoi fare, è la vita…

    Venerdì sera si ritrovarono tutti insieme nel salone di mamma Serena come sempre. Flavio aveva appena finito di cenare e le chiacchiere intorno al tavolo regnavano sovrane. Ma lui no. Era un po' distaccato. Pensava e ripensava. “Lo dico? Non lo dico?” Il dubbio amletico lo attanagliava. “E se lo dico? Che cosa succede?” Lui in cuor suo sapeva già come sarebbe andata a finire. Ma non si seppe trattenere. Vicino a mamma Serena c’erano le due sorelle di lei. Daria che mangiava di nascosto e Renata con l’immancabile sigaretta in mano. Il cognato Armando che scrollava il telefonino. La moglie Dora che faceva le porzioni del dolce che aveva portato ed il figlio Andrea impaziente per la propria porzione. E poi la sorella Selenia che chiacchierava con suoi figli. Un classico venerdì sera come tanti altri…

    “Ma sì! Lanciamolo questo sasso nello stagno e vediamo come va a finire… chissà se tutti gli abitanti dello specchio d’acqua scapperanno via atterriti o, incuriositi, si avvicineranno alla pietra?” pensò tra sé e sé.  


“Allora… sentite un attimo… Visto che sabato e domenica a San Fregnino c’è la Sagra dell’ossobuco ripieno. Avevo pensato di andarci in moto con Dora, ma... invece… propongo... perché non andiamo tutti e passiamo una giornata insieme? Apparecchiamo in giardino sotto alla grande quercia e stiamo una giornata in compagnia?”


Ecco fatto il sasso era stato lanciato. A Flavio, certo, avrebbe pesato rinunciare alla moto e prendere la macchina, ma si sarebbe sacrificato volentieri. Ora c’era solo da attendere la reazione. Che ovviamente non tardò ad arrivare. Fu immediata. Contestuale. Subitanea. Repentina. Un petardo senza miccia. L’eco delle parole ancora risuonava nella stanza che subito avvenne qualcosa.

In ordine. Il cognato Armando smise di muovere il pollice su e giù sullo smartphone pur continuandolo a fissare con lo sguardo ibernato. La luce azzurrina conferiva ai suoi occhi un’aria ancora più gelida ed attonita. La moglie Dora smise di fare le porzioni con il piatto di Andrea a mezz’aria e fissando il marito le sfuggì sottovoce un “Ma che ti sei impazzito?”. Andrea forse non aveva capito che cosa stesse succedendo. Era più incuriosito sul motivo per cui non aveva ancora ricevuto la sua porzione di dolce. Selenia lo fissò e mimò con il labiale un “Ma che caZ-pita gli è preso a mio fratello?”. Ma la scena più comica fu la risposta all’unisono di mamma Serena e zia Renata, neanche se la cosa fosse stata preparata Sì! Adesso ti fanno entrare a te a San Fregnino!con tono quasi di sfida - Ma che non lo sai che hanno chiuso tutte le strade?”. Zia Daria smise di mangiare e con la bocca piena iniziò a guardarsi intorno per capire cosa stesse accadendo. Anche i figli più grandi di Selenia si resero conto che stava succedendo qualcosa ma rimasero in attesa degli eventi per intervenire. “Scusate – le interruppe Flavio – perché? Se c’è una sagra chiudono tutti gli accessi al paese? Se uno deve andare a casa sua, a Via Marchese del Molise non lo fanno passare?". Mamma Serena sbiancando, chissà per quale motivo poi, disse che se Flavio fosse voluto andare non avrebbe dovuto chiedere il permesso a nessuno perché in fondo le chiavi le aveva da sempre. “Si mamma, lo so, ma io non volevo andare da solo con Dora, ma stare una giornata tutti insieme, come una volta”. Zia Renata si alzò di scatto, radunò nervosamente qualche piatto con la sigaretta in mano, e balbettando cose incomprensibili si rifugiò precipitosamente in cucina seguita a ruota da zia Daria. Mamma Serena invece rimase a tavola senza dire più nemmeno una parola. Il piccolo Davide mostrava il dito fiero di quello che aveva trovato nel proprio naso ma si sorprese che nessuno lo avesse rimproverato. Così lo fece lui da solo “CChe CChifo Dabide….” Si disse da solo con tanto di smorfia disgustata. Ma nessuno se lo filò.

    

    Neanche a dirlo. Il gelo scese nel salone e la serata volse rapidamente al termine.


    
     Ma in fondo Flavio  che cosa aveva detto di così strano? 

    Il sabato era passato veloce e di San Fregnino non se ne era più parlato.

   Domenica mattina Flavio fissava con lo sguardo vuoto la tazza del cappuccino. Stava facendo come sempre l’appello ai neuroni ma c’era costantemente qualcuno che non rispondeva. Così doveva ricominciare da capo. “‘A Fla’… Ma se a San Fregnino ci andiamo lo stesso? Magari con la moto. Chi ce lo impedisce?” Dora interruppe così la conta sempre più difficoltosa di Flavio che si riprese dal torpore mattutino. “Andiamo, ci facciamo una passeggiata con la moto, ci mangiamo un piatto di ossobuco e torniamo a casa. Chissà che ripieno a sorpresa ci avranno messo quest’anno…”
    
    Casco, giacca e guanti e si misero in movimento



 Decisione più sbagliata non avrebbero potuto prendere.



Appena presero il Raccordo Infernale, l’anello diabolico che circonda la capitale, già le prime avvisaglie. La coda del mostro, la fila di macchine, iniziava a farsi vedere. Il traffico era fermo. Nonostante fossero in moto non riuscivano a camminare. Sicuramente bloccato da un bel po' perché le colonne di macchine erano immobili sulla strada e qualcuno aveva addirittura tirato fuori il tavolino da campeggio. Gli automobilisti, per ingannare l’attesa, avevano organizzato un torneo di tressette. E, dal tono delle imprecazioni, le cose probabilmente non stavano andando per il meglio. 

“Stai a vedere che mamma e zia Renata avevano ragione. C’è proprio il traffico bloccato” Pensò tra sé e sé. Ovviamente senza dire nulla a Dora. ”Guarda che forma strana quella nuvola!” Le urlò da dietro la visiera. La distrasse un po' parlando del tempo che finalmente volgeva al sereno ed infilò nel discorso “Stavolta passiamo per il centro. Così evitiamo il traffico del Raccordo”. Dora con la musica nell’interfono forse nemmeno lo ascoltò. Flavio scambiò il cenno del casco come un sì mentre lei stava soltanto ascoltando la sua compilation da moto preferita.



La scelta non fu fortunata. Dopo un primo momento di traffico solo rallentato, la moto provò uno slalom tra le macchine a passo di lumaca ma la circolazione si bloccò di nuovo. Flavio tentò il tutto per tutto. "Faccio il lungotevere e passo per il Vaticano!” sbuffò dentro al casco immaginando di calare l’asso per sbancare il tavolo. Neanche per il cavolo! Già all’altezza di Piazza Risorgimento, dove da bambino prendeva la corriera con il nonno Leopoldo per andare a San Fregnino, le guardie svizzere stavano deviando il traffico.


NUR DREI WEITERE AUTOS KÖNNEN HEUTE PASSIEREN. DIE ANDEREN ALLE ZU HAUSE. WUSSTEN SIE NICHT, DASS IN SAN FREGNINO WEGEN DES FESTIVALS VERKEHR HERRSCHT??? Per occi pozono pazaare zolo tre machine. Le atre tute a casa. Non zapere di zagra Zan Fregnino???” Iniziò ad urlare il fante elvetico. “Ma pure noi co'  la moto? Daje 'a zi’ facce passa’!”Sie sind keine Kinder der weißen Gans ... auch auf dieser Seite! Mica ziete figli ti oca pianka... da kvela parte pure foi! Ovviamente non tutti ubbidirono. Ci fu qualcuno che provò a forzare il blocco del militare isolato. Subito ad un suo segno, dal Colonnato di San Pietro arrivò sferragliando un drappello di gendarmi che puntando le alabarde vaticane iniziarono ad indicare la via da prendere.


   Vista la mala parata vaticana Flavio decise obtorto collo di cambiare strada, scelta che però non portò nessun giovamento. Convinto che passare per Borgo fosse la cosa migliore, cadde però dalla padella alla brace. Lì un drappello di lanzichenecchi gli si parò davanti impedendogli il passaggio. Sentendo quelle frasi incomprensibili decise di buttarsi sul lungotevere.
   A Roma la carta del lungotevere è sempre una roulette russa. A volte funziona ma più spesso no. Anche là il blocco era totale. Si vedevano nelle macchine automobilisti che come zombie ripetevano come un mantra “Saaa-gra, saaa-graaaa. San Fre-gni-no. San Fre-gni-noooo….” 



    Anche sulle sponde dell’ormai ex Biondo Tevere le scene di disperazione di massa la facevano da padrone. Uno, magro ed emaciato, aveva apparecchiato il cofano della Simca 1000 aveva tirato fuori nell’ordine: antipasti misti, agnolotti, trippa, abbacchio, zuppa di pesce, dolce, macedonia, caffè, liquorino e fagioli col tonno. Tutto alla modica cifra di 7.750 lire, compreso servizio, pane, coperto e vino (Roba da infarto alla panza. Cit.). Tanto il tempo per digerire tutto ce n’era. “Fori imperiali!” Esclamò Flavio pensando di aver trovato la chiave di volta. “Tagliamo per il Colosseo che facciamo prima”. Infausta fu anche quella scelta. Tra l’Anfiteatro Flavio ed il Circo Massimo la testuggine di una legione romana deviava nuovamente il traffico. “Quo vadis?” Urlò il centurione con voce imperiosa. “A San Fregnino” - balbettarono timidamente ed all’unisono Dora e Flavio - “C’è… la…. sagra… dell’ossobuco…”. “Ma che nun lo vedete che è tutto bloccato? Nun se passa. Via!!!” Tuonò il miles. E così altra deviazione.

 Piano piano, incolonnati nel traffico riuscirono finalmente a conquistare la Domitilliana, la statale che collega Roma a San Fregnino. Il traffico già a passo di bradipo imbalsamato era nuovamente bloccato. All’altezza di Torrebruciata, in fondo al serpentone di lamiere ferme sulla strada si intravedevano i primi blocchi di cemento. Sacchetti di sabbia e reticolato elettrificato facevano da pandant alle altane con le mitragliatrici. Anche qui militari del Col Moschin impedivano il transito.


    Il Sor Nicola bloccato nella sua Duna confidò a Flavio che lui era stato previdente. Immaginando il casino che avrebbe trovato si era premunito di partire per tempo. “Stamattina presto?” Domandò Flavio “Di mattina presto si, ma dell’altra settimana” rincalzò il Sor Nicola. Così a Flavio e Dora non rimase altro che cambiare strada per l’ennesima volta. Il primo tratto della Provinciale Conecchiana sembrava scorrere. Ma fu un breve fuoco di paglia.





"Mettere in marcia il motore
Avanzare tre metri e poi staccare
Fermarsi a guardare e a parlare
Alla fine spegnere il motore
Centomila auto imbottigliate
Nella corsia nord e sud verso il mare
Da dodici ore nessuno si muove
Alè, tutti in auto avanti 100 metri
A mezzogiorno si sbriciola un biscotto
Molti hanno lasciato l'automobile
E girano per i prati e le foreste
Cercando il pane e l'acqua come bestie
Dividono sul bordo della strada
L'ultimo cracker, l'ultima bottiglia
La coca-cola è razionata a gocce
Due gocce solo per le labbra rotte"

Da L'ingorgo

Recitava Lucio Dalla qualche anno fa in una sua canzone. Un profeta! Un oracolo! un vaticinio! Perché fu proprio quello che accadde ai nostri due malcapitati. Loro incastrati tra le lamiere roventi sotto un sole primaverile ma già implacabile che gli fece fare altre scelte improbabili.

Divincolatisi da quel groviglio di auto i nostri due eroi riuscirono finalmente ad imboccare la provinciale Sanfregninese. Al bivio tra San Fregnino a Mare e Monte San Fregnino, l'afrore di salsedine misto smog con retrogusto di frizione bruciata preannunciava l'avvicinarsi della destinazione, pur se lentamente. Al solito, il furbetto di turno cercò di scavalcare la colonna di mezzi che prontamente fu segnalato dai cecchini appostati. La sua dritteria però duro poco perché venne subito intercettato da una pattuglia dei carabinieri più avanti che lo catturò e lo avviò immediatamente alle patrie galere.







  

    "Perché non ho dato retta a zia Renata? Perché non ho ascoltato mamma? Ma, soprattutto, perché non me ne sono rimasto a casa?" Ripeteva tra se e se Flavio. Ma l'orgoglio ebbe la meglio e senza dire niente a Dora continuò lento pede, anzi, lenta rota, nel suo intento.

  La lunga teoria di macchine non accennava a diminuire ma finalmente arrivarono alla tanto sospirata destinazione. Novelli Cristoforo Colombo, alla fine della traversata esclamarono un "Terra-Terra! Finalmente siamo arrivati". Zuppi di sudore dentro alle giacche ed ai caschi già si figuravano una limonata fresca sul lungomare seguita da una passeggiata tra i banchi della sagra. 


Ma le vicissitudini dei nostri malcapitati sarebbero mai potute essere finite? Arrivati sul lungomare una pattuglia della Polizia Locale stava facendo l'ennesima deviazione. "Ma dove vorreste andare? Non sapete che San Fregnino è off-limits per la sagra? Da quella parte, prego..."


"Mi scusi, signor agente - lo interruppe Flavio - noi dobbiamo andare si alla sagra ma non lasciamo la moto in strada, abbiamo il box e tutto il piazzale nella proprietà privata. Dobbiamo arrivare a Via Marchese del Molise, vicino all'albergo Chist' è o cciel e cchist' 'o mmare, non è che ci farebbe passare? Siamo stanchi morti, zuppi di sudore, sono 11 ore che guidiamo sotto al sole. Ci hanno rimbalzati da una parte all'altra...". L'agente li squadrò da capo a piedi e, mosso a compassione dal loro stato pietoso, li fece passare con un cenno della testa, senza nemmeno dire una parola ma con una smorfia tra lo schifo e la disapprovazione. La giacca in cordura di Flavio aveva della chiazze grigie sotto le ascelle che a grattarle se ne sarebbe fatto un cartoccio di sudore cristallizzato. A Dora si era sciolta tutta la tinta rosso Tiziano che si era fatta la sera prima ed il colore dal casco le era colato sulla faccia tanto da sembrare una pellerossa. Arrivarono di corsa a casa, "Si ma non usciamo subito, riprendiamoci un po'".

E fu così che si addormentarono sul dondolo sotto alla grande quercia in giardino. 

Si svegliarono a mezzanotte con il fragore ed i lampi dei fuochi d'artificio che li fece sobbalzare.

"Però, bella 'sta sagra...."

Si dettero un bacio e si gustarono la fine dello spettacolo pirotecnico.