17 aprile 2023

Odissea a San Fregnino


Nonostante gli ammonimenti di chi era più grande e ne sapeva un po’ di più sulle cose della vita, Flavio volle sfidare la sorte. Ma mal gliene incolse…

Flavio covava tra sé e sé da un po' di tempo il desiderio di stare una domenica tutti insieme nella casa di famiglia a San Fregnino a Mare dove aveva passato l’infanzia. Una giornata tutti insieme con la moglie Dora ed il figlio Andrea. Ma non solo. Nel suo progetto ideale era prevista anche la sorella Selenia con la relativa famiglia ed ovviamente la madre e le zie inseparabili. Un po' come accadeva tanti anni addietro. Certo qualcuno ormai non c’è più, qualcuno ora c’è ora ma prima no, ma che vuoi fare, è la vita…

    Venerdì sera si ritrovarono tutti insieme nel salone di mamma Serena come sempre. Flavio aveva appena finito di cenare e le chiacchiere intorno al tavolo regnavano sovrane. Ma lui no. Era un po' distaccato. Pensava e ripensava. “Lo dico? Non lo dico?” Il dubbio amletico lo attanagliava. “E se lo dico? Che cosa succede?” Lui in cuor suo sapeva già come sarebbe andata a finire. Ma non si seppe trattenere. Vicino a mamma Serena c’erano le due sorelle di lei. Daria che mangiava di nascosto e Renata con l’immancabile sigaretta in mano. Il cognato Armando che scrollava il telefonino. La moglie Dora che faceva le porzioni del dolce che aveva portato ed il figlio Andrea impaziente per la propria porzione. E poi la sorella Selenia che chiacchierava con suoi figli. Un classico venerdì sera come tanti altri…

    “Ma sì! Lanciamolo questo sasso nello stagno e vediamo come va a finire… chissà se tutti gli abitanti dello specchio d’acqua scapperanno via atterriti o, incuriositi, si avvicineranno alla pietra?” pensò tra sé e sé.  


“Allora… sentite un attimo… Visto che sabato e domenica a San Fregnino c’è la Sagra dell’ossobuco ripieno. Avevo pensato di andarci in moto con Dora, ma... invece… propongo... perché non andiamo tutti e passiamo una giornata insieme? Apparecchiamo in giardino sotto alla grande quercia e stiamo una giornata in compagnia?”


Ecco fatto il sasso era stato lanciato. A Flavio, certo, avrebbe pesato rinunciare alla moto e prendere la macchina, ma si sarebbe sacrificato volentieri. Ora c’era solo da attendere la reazione. Che ovviamente non tardò ad arrivare. Fu immediata. Contestuale. Subitanea. Repentina. Un petardo senza miccia. L’eco delle parole ancora risuonava nella stanza che subito avvenne qualcosa.

In ordine. Il cognato Armando smise di muovere il pollice su e giù sullo smartphone pur continuandolo a fissare con lo sguardo ibernato. La luce azzurrina conferiva ai suoi occhi un’aria ancora più gelida ed attonita. La moglie Dora smise di fare le porzioni con il piatto di Andrea a mezz’aria e fissando il marito le sfuggì sottovoce un “Ma che ti sei impazzito?”. Andrea forse non aveva capito che cosa stesse succedendo. Era più incuriosito sul motivo per cui non aveva ancora ricevuto la sua porzione di dolce. Selenia lo fissò e mimò con il labiale un “Ma che caZ-pita gli è preso a mio fratello?”. Ma la scena più comica fu la risposta all’unisono di mamma Serena e zia Renata, neanche se la cosa fosse stata preparata Sì! Adesso ti fanno entrare a te a San Fregnino!con tono quasi di sfida - Ma che non lo sai che hanno chiuso tutte le strade?”. Zia Daria smise di mangiare e con la bocca piena iniziò a guardarsi intorno per capire cosa stesse accadendo. Anche i figli più grandi di Selenia si resero conto che stava succedendo qualcosa ma rimasero in attesa degli eventi per intervenire. “Scusate – le interruppe Flavio – perché? Se c’è una sagra chiudono tutti gli accessi al paese? Se uno deve andare a casa sua, a Via Marchese del Molise non lo fanno passare?". Mamma Serena sbiancando, chissà per quale motivo poi, disse che se Flavio fosse voluto andare non avrebbe dovuto chiedere il permesso a nessuno perché in fondo le chiavi le aveva da sempre. “Si mamma, lo so, ma io non volevo andare da solo con Dora, ma stare una giornata tutti insieme, come una volta”. Zia Renata si alzò di scatto, radunò nervosamente qualche piatto con la sigaretta in mano, e balbettando cose incomprensibili si rifugiò precipitosamente in cucina seguita a ruota da zia Daria. Mamma Serena invece rimase a tavola senza dire più nemmeno una parola. Il piccolo Davide mostrava il dito fiero di quello che aveva trovato nel proprio naso ma si sorprese che nessuno lo avesse rimproverato. Così lo fece lui da solo “CChe CChifo Dabide….” Si disse da solo con tanto di smorfia disgustata. Ma nessuno se lo filò.

    

    Neanche a dirlo. Il gelo scese nel salone e la serata volse rapidamente al termine.


    
     Ma in fondo Flavio  che cosa aveva detto di così strano? 

    Il sabato era passato veloce e di San Fregnino non se ne era più parlato.

   Domenica mattina Flavio fissava con lo sguardo vuoto la tazza del cappuccino. Stava facendo come sempre l’appello ai neuroni ma c’era costantemente qualcuno che non rispondeva. Così doveva ricominciare da capo. “‘A Fla’… Ma se a San Fregnino ci andiamo lo stesso? Magari con la moto. Chi ce lo impedisce?” Dora interruppe così la conta sempre più difficoltosa di Flavio che si riprese dal torpore mattutino. “Andiamo, ci facciamo una passeggiata con la moto, ci mangiamo un piatto di ossobuco e torniamo a casa. Chissà che ripieno a sorpresa ci avranno messo quest’anno…”
    
    Casco, giacca e guanti e si misero in movimento



 Decisione più sbagliata non avrebbero potuto prendere.



Appena presero il Raccordo Infernale, l’anello diabolico che circonda la capitale, già le prime avvisaglie. La coda del mostro, la fila di macchine, iniziava a farsi vedere. Il traffico era fermo. Nonostante fossero in moto non riuscivano a camminare. Sicuramente bloccato da un bel po' perché le colonne di macchine erano immobili sulla strada e qualcuno aveva addirittura tirato fuori il tavolino da campeggio. Gli automobilisti, per ingannare l’attesa, avevano organizzato un torneo di tressette. E, dal tono delle imprecazioni, le cose probabilmente non stavano andando per il meglio. 

“Stai a vedere che mamma e zia Renata avevano ragione. C’è proprio il traffico bloccato” Pensò tra sé e sé. Ovviamente senza dire nulla a Dora. ”Guarda che forma strana quella nuvola!” Le urlò da dietro la visiera. La distrasse un po' parlando del tempo che finalmente volgeva al sereno ed infilò nel discorso “Stavolta passiamo per il centro. Così evitiamo il traffico del Raccordo”. Dora con la musica nell’interfono forse nemmeno lo ascoltò. Flavio scambiò il cenno del casco come un sì mentre lei stava soltanto ascoltando la sua compilation da moto preferita.



La scelta non fu fortunata. Dopo un primo momento di traffico solo rallentato, la moto provò uno slalom tra le macchine a passo di lumaca ma la circolazione si bloccò di nuovo. Flavio tentò il tutto per tutto. "Faccio il lungotevere e passo per il Vaticano!” sbuffò dentro al casco immaginando di calare l’asso per sbancare il tavolo. Neanche per il cavolo! Già all’altezza di Piazza Risorgimento, dove da bambino prendeva la corriera con il nonno Leopoldo per andare a San Fregnino, le guardie svizzere stavano deviando il traffico.


NUR DREI WEITERE AUTOS KÖNNEN HEUTE PASSIEREN. DIE ANDEREN ALLE ZU HAUSE. WUSSTEN SIE NICHT, DASS IN SAN FREGNINO WEGEN DES FESTIVALS VERKEHR HERRSCHT??? Per occi pozono pazaare zolo tre machine. Le atre tute a casa. Non zapere di zagra Zan Fregnino???” Iniziò ad urlare il fante elvetico. “Ma pure noi co'  la moto? Daje 'a zi’ facce passa’!”Sie sind keine Kinder der weißen Gans ... auch auf dieser Seite! Mica ziete figli ti oca pianka... da kvela parte pure foi! Ovviamente non tutti ubbidirono. Ci fu qualcuno che provò a forzare il blocco del militare isolato. Subito ad un suo segno, dal Colonnato di San Pietro arrivò sferragliando un drappello di gendarmi che puntando le alabarde vaticane iniziarono ad indicare la via da prendere.


   Vista la mala parata vaticana Flavio decise obtorto collo di cambiare strada, scelta che però non portò nessun giovamento. Convinto che passare per Borgo fosse la cosa migliore, cadde però dalla padella alla brace. Lì un drappello di lanzichenecchi gli si parò davanti impedendogli il passaggio. Sentendo quelle frasi incomprensibili decise di buttarsi sul lungotevere.
   A Roma la carta del lungotevere è sempre una roulette russa. A volte funziona ma più spesso no. Anche là il blocco era totale. Si vedevano nelle macchine automobilisti che come zombie ripetevano come un mantra “Saaa-gra, saaa-graaaa. San Fre-gni-no. San Fre-gni-noooo….” 



    Anche sulle sponde dell’ormai ex Biondo Tevere le scene di disperazione di massa la facevano da padrone. Uno, magro ed emaciato, aveva apparecchiato il cofano della Simca 1000 aveva tirato fuori nell’ordine: antipasti misti, agnolotti, trippa, abbacchio, zuppa di pesce, dolce, macedonia, caffè, liquorino e fagioli col tonno. Tutto alla modica cifra di 7.750 lire, compreso servizio, pane, coperto e vino (Roba da infarto alla panza. Cit.). Tanto il tempo per digerire tutto ce n’era. “Fori imperiali!” Esclamò Flavio pensando di aver trovato la chiave di volta. “Tagliamo per il Colosseo che facciamo prima”. Infausta fu anche quella scelta. Tra l’Anfiteatro Flavio ed il Circo Massimo la testuggine di una legione romana deviava nuovamente il traffico. “Quo vadis?” Urlò il centurione con voce imperiosa. “A San Fregnino” - balbettarono timidamente ed all’unisono Dora e Flavio - “C’è… la…. sagra… dell’ossobuco…”. “Ma che nun lo vedete che è tutto bloccato? Nun se passa. Via!!!” Tuonò il miles. E così altra deviazione.

 Piano piano, incolonnati nel traffico riuscirono finalmente a conquistare la Domitilliana, la statale che collega Roma a San Fregnino. Il traffico già a passo di bradipo imbalsamato era nuovamente bloccato. All’altezza di Torrebruciata, in fondo al serpentone di lamiere ferme sulla strada si intravedevano i primi blocchi di cemento. Sacchetti di sabbia e reticolato elettrificato facevano da pandant alle altane con le mitragliatrici. Anche qui militari del Col Moschin impedivano il transito.


    Il Sor Nicola bloccato nella sua Duna confidò a Flavio che lui era stato previdente. Immaginando il casino che avrebbe trovato si era premunito di partire per tempo. “Stamattina presto?” Domandò Flavio “Di mattina presto si, ma dell’altra settimana” rincalzò il Sor Nicola. Così a Flavio e Dora non rimase altro che cambiare strada per l’ennesima volta. Il primo tratto della Provinciale Conecchiana sembrava scorrere. Ma fu un breve fuoco di paglia.





"Mettere in marcia il motore
Avanzare tre metri e poi staccare
Fermarsi a guardare e a parlare
Alla fine spegnere il motore
Centomila auto imbottigliate
Nella corsia nord e sud verso il mare
Da dodici ore nessuno si muove
Alè, tutti in auto avanti 100 metri
A mezzogiorno si sbriciola un biscotto
Molti hanno lasciato l'automobile
E girano per i prati e le foreste
Cercando il pane e l'acqua come bestie
Dividono sul bordo della strada
L'ultimo cracker, l'ultima bottiglia
La coca-cola è razionata a gocce
Due gocce solo per le labbra rotte"

Da L'ingorgo

Recitava Lucio Dalla qualche anno fa in una sua canzone. Un profeta! Un oracolo! un vaticinio! Perché fu proprio quello che accadde ai nostri due malcapitati. Loro incastrati tra le lamiere roventi sotto un sole primaverile ma già implacabile che gli fece fare altre scelte improbabili.

Divincolatisi da quel groviglio di auto i nostri due eroi riuscirono finalmente ad imboccare la provinciale Sanfregninese. Al bivio tra San Fregnino a Mare e Monte San Fregnino, l'afrore di salsedine misto smog con retrogusto di frizione bruciata preannunciava l'avvicinarsi della destinazione, pur se lentamente. Al solito, il furbetto di turno cercò di scavalcare la colonna di mezzi che prontamente fu segnalato dai cecchini appostati. La sua dritteria però duro poco perché venne subito intercettato da una pattuglia dei carabinieri più avanti che lo catturò e lo avviò immediatamente alle patrie galere.







  

    "Perché non ho dato retta a zia Renata? Perché non ho ascoltato mamma? Ma, soprattutto, perché non me ne sono rimasto a casa?" Ripeteva tra se e se Flavio. Ma l'orgoglio ebbe la meglio e senza dire niente a Dora continuò lento pede, anzi, lenta rota, nel suo intento.

  La lunga teoria di macchine non accennava a diminuire ma finalmente arrivarono alla tanto sospirata destinazione. Novelli Cristoforo Colombo, alla fine della traversata esclamarono un "Terra-Terra! Finalmente siamo arrivati". Zuppi di sudore dentro alle giacche ed ai caschi già si figuravano una limonata fresca sul lungomare seguita da una passeggiata tra i banchi della sagra. 


Ma le vicissitudini dei nostri malcapitati sarebbero mai potute essere finite? Arrivati sul lungomare una pattuglia della Polizia Locale stava facendo l'ennesima deviazione. "Ma dove vorreste andare? Non sapete che San Fregnino è off-limits per la sagra? Da quella parte, prego..."


"Mi scusi, signor agente - lo interruppe Flavio - noi dobbiamo andare si alla sagra ma non lasciamo la moto in strada, abbiamo il box e tutto il piazzale nella proprietà privata. Dobbiamo arrivare a Via Marchese del Molise, vicino all'albergo Chist' è o cciel e cchist' 'o mmare, non è che ci farebbe passare? Siamo stanchi morti, zuppi di sudore, sono 11 ore che guidiamo sotto al sole. Ci hanno rimbalzati da una parte all'altra...". L'agente li squadrò da capo a piedi e, mosso a compassione dal loro stato pietoso, li fece passare con un cenno della testa, senza nemmeno dire una parola ma con una smorfia tra lo schifo e la disapprovazione. La giacca in cordura di Flavio aveva della chiazze grigie sotto le ascelle che a grattarle se ne sarebbe fatto un cartoccio di sudore cristallizzato. A Dora si era sciolta tutta la tinta rosso Tiziano che si era fatta la sera prima ed il colore dal casco le era colato sulla faccia tanto da sembrare una pellerossa. Arrivarono di corsa a casa, "Si ma non usciamo subito, riprendiamoci un po'".

E fu così che si addormentarono sul dondolo sotto alla grande quercia in giardino. 

Si svegliarono a mezzanotte con il fragore ed i lampi dei fuochi d'artificio che li fece sobbalzare.

"Però, bella 'sta sagra...."

Si dettero un bacio e si gustarono la fine dello spettacolo pirotecnico.






11 marzo 2023

La zavorrina come sta?

 Piccolo vademecum semiserio su come una passeggera dovrebbe stare sulla moto


La zavorrina come sta?

Non c’è nessuno che lo sa

Si dice pesi troppo

Non metta mai il giubbotto

Che con la testa spinga

Che molto spesso lagna

Ma come sta 'sta zavorrina...?

Boooh...?


dite la verità... L'avete letta cantando...? 😀😀😀


Piccola premessa iniziale. Anzi, tre.

Primo. Non consideratemi un saccente, un professorone, un maitre-a-penser, un secchione spocchioso, o come va di moda ultimamente un influencer. Tutt’altro! Ho solo pensato di scrivere qualche consiglio forse scontato, forse no, ma speriamo utile. Anche se avessi suscitato un solo “Ma lo sai che non ci avevo mai pensato?” potrebbe già essere stato utile.

Secondo. Farò riferimento al passeggero sempre al femminile perché, anche se non impossibile, la maggior parte delle volte che vedremo un passeggero in moto questo apparterrà al gentil sesso. Dietro alla schiena è sempre meglio avere una fanciulla che non un omaccione barbuto. Questo almeno è il mio pensiero ma non è da escludere anche il contrario e rispetto le scelte altrui. Di sicuro è molto più difficile vedere una bikerina con un zavorrino dietro. Lo so i tempi stanno cambiando, sempre più ladies guidano moto. E di questo ne sono più che contento. Quindi arriverà anche il momento di vedere qualche gentleman arroccato sul codone di una moto abbracciato ad una pilotessa con la chioma che esce dal casco o appoggiato ad un sissy bar. Ma ad oggi la cosa è molto rara. Anzi, ora che ci penso, non mi è mai capitato di incontrare una situazione simile.

Terzo. Il termine zavorrina. Lo so. A molti fa storcere il naso. Sono stati coniati i termini più disparati per indicare la passeggera. Da “zainetto” a “co-biker” a “secondo pilota” a “motopartner” a ”scaldasella” e così via. Ma questo non è un post lessicale riservato al termine. Magari ne farò uno dedicato. Io, come la maggior parte dei colleghi motociclisti, non lo intendo in senso dispregiativo. Se fosse veramente un peso portarcela dietro la lasceremmo a casa! Avere una passeggera dietro, anche se appesantisce la moto e ne rallenta il passo, anche se ci prende a capocciate il casco, anche se “Ho freddo”, “Ho caldo”, “Quando arriviamo?”, “Devo fare pipì” è sempre un piacere. Un piacere organizzarci il giro insieme, un piacere condividere sensazioni ed emozioni, un piacere mangiare lo stesso panino sulla riva del lago o sedersi allo stesso tavolo della trattoria di campagna, un piacere programmarci insieme l'uscita successiva.

Fine del pistolotto iniziale…


Veniamo a noi.


Se ci fate caso, girando tra blog, riviste di settore, pagine social dedicate e canali YouTube, si trovano istruzioni e tutorial su tutto. Da come si lava la moto a come si fanno interventi di riparazione o manutenzione, dalle dritte sugli antifurti più tecnologici agli accessori più trendy. E la lista sarebbe lunga…

Ma avete mai letto qualcosa sul comportamento della zavorrina a bordo? Come dovrebbe stare la nostra amata copilota in moto? Cosa deve fare e non fare? Io no. Quindi ho pensato di buttare giù queste quattro righe.

Sarò breve. Spero.

Intanto pure noi dobbiamo iniziare a fare la nostra parte. Indichiamogli già il lato migliore per salire, solitamente è il sinistro. E poi, anche noi, suvvia, facciamo un atto di galanteria. Non avendo portiere da aprire come in macchina, non avendo tappeti di qualsivoglia colore da srotolare, senza spargere petali di rosa sull’asfalto bitumato, una cosa dobbiamo fare. Almeno apriamogli le pedane! È molto più semplice per entrambi. Così almeno non dovranno litigarci con la punta della scarpa per aprirle con il rischio di graffiare qualcosa o di rovinarsi le scarpe. Una volta aperte le pedane arriva il momento di salire. Con la mano destra tireremo il freno anteriore così che lo scossone dovuto al nuovo peso non faccia muovere la moto con il rischio di finire in terra. Baciare l’asfalto è brutto in movimento figuriamoci da fermi! In più, per avere una ulteriore stabilità, il pilota pianterà in terra i piedi in maniera ben salda. Se poi volessimo fare le cose più sicure, potremmo lasciare aperto il cavalletto laterale anche senza poggiarlo in terra. In caso di perdita di controllo laterale della moto durante la salita, ci aiuterà sicuramente.

Casco indossato ed allacciato, piede sinistro sulla pedana sinistra, mano sinistra della zavorrina nell’incavo del gomito sinistro del biker ed oplà! avremo la nostra passeggera sulla sella. Con buona pace del nostro ammortizzatore posteriore!

Piccolo cenno di intesa che sia tutto a posto, tiriamo la frizione, prima in giù, lasciamo piano piano la frizione, gas più o meno dolcemente, q.b. come dicono le ricette di cucina, e si parte!

Ovviamente la zavorrina dovrà tenersi ben salda alla vita del pilota e non con le mani poggiate sulle spalle del pilota tipo pappagallo sulla spalla del pirata o avvoltoio sul ramo. Perché questa precisazione che potrebbe risultare scontata? Perché non è difficile imbattersi in passeggere che, se si tengono, si reggono solo ai maniglioni. Questa presa, oltre a non essere abbastanza salda, nonostante le belle unghie pitatte delle nostre scaldasella non hanno gli artigli dei pennuti di cui sopra, per fortuna!, provoca scompensi alla guida. Chi sta dietro si deve stringere al pilota per cercare di fare, come dico sempre, “massa unica” con il conducente. Perché questo? Facciamo un esempio senza scomodare principi di fisica del movimento che non conosco a sufficienza. Se dovessimo trasportare un sacco di patate sulla sella dove lo legheremmo? Ai maniglioni o ce lo legheremmo in vita? So benissimo che le nostre amate compagne di viaggio non sono sacchi di patate ma a volte i comportamenti di qualcuna di queste le rendono simili a quei contenitori di tuberi. Il biker avendo una “massa unica” da gestire ha un migliore controllo delle masse oscillanti sulla moto per una sicurezza maggiore. E non parlo solo di tornanti e tornantini di montagna o dei curvoni autostradali. Questo discorso vale anche e soprattutto per gli spostamenti nel traffico cittadino. Tornando al pirata con il pappagallo o all'avvoltoio sul ramo, tenersi sulle spalle del biker non dà nessuna sensazione reciproca di sicurezza, non permette al conducente di gestire il peso ed in caso di fondo stradale sconnesso diventa praticamente inutile reggersi così.

  

Questo è proprio quello che NON va fatto

Così è meglio

Discorso bauletto. Senza aprire nessuna diatriba sull’uso del bauletto sulla moto, ci sono fautori e detrattori di questo accessorio motociclistico. Il bauletto non è un poggiaschiena! Anche se spesso ne vediamo alcuni imbottiti, in presenza della zavorrina, può essere usato al massimo come freno per la parte bassa del bacino per non farlo arretrare sul codone in fase di accelerazione più o meno bruciante. Non di rado si vedono passeggere mollemente adagiate con tutta la schiena sul bauletto addirittura con la testa all’indietro. Niente di più sbagliato!

La testa. Altro argomento da affrontare. Una volta che la zavorrina si sta stringendo al pilota che movimento dovrà fare la testa? Dando per assodato che il salire su una moto condotta da altri è un atto di fiducia totale, la stessa fiducia dovrà avere la testa della passeggera. Se il pilota per seguire una curva dovrà inclinarsi per esempio a destra con tutto il corpo, anche la testa ed il corpo di chi sta dietro a noi dovrà fare altrettanto, sempre per il discorso della "massa unica" di cui sopra.

Lo sappiamo già. Le donne in media sono molto più eleganti di noi e tengono di più al loro aspetto ed alla loro figura. Quindi come si dovrebbero vestire per salire a bordo dei nostri mezzi? Diciamo che vestiti svolazzanti di tulle, organza e taffetà sarebbero da escludere a priori. Tutta roba che sicuramente farebbe la giusta figura in una serata di gala che però sarebbe da escludere a bordo delle due ruote. Analogo discorso per sandali, ballerine, scarpe con tacchi a spillo, varie ed eventuali. Come si dovrà vestire quindi la nostra dolce compagna di viaggio? Il più possibile simile a chi guida, comprese scarpe e guanti. Se i biker usano abbigliamento tecnico un motivo ci sarà, no? Perché in caso di incidente o banalissima scivolata una giacca in cordura con protezioni o anche pantaloni dedicati possono anche fare la differenza in giorni di prognosi al pronto soccorso. E mi raccomando, niente roba sfarfallante né sopra, né sotto! Il rischio che possa finire nel cerchione della moto è concreto con tutti gli strascichi a seguire.

La borsa è un accessorio da sempre irrinunciabile delle nostre zavorrine. Ma in moto sarebbe il caso di rivederne un po' il suo utilizzo. Lungi da me la proposta di lasciarla a casa, sarebbe impensabile, ma è un argomento anche questo da trattare. Si sa, la moto è diversa dalla macchina. Non ha un cofano e qualsiasi cosa di cui abbiamo bisogno la dobbiamo tenere indosso, salvo metterla nel bauletto, se montato. Ma vale solo quando siamo in movimento. Perchè inevitabilmente quando scenderemo, e sarà in quel momento che avremo bisogno del suo contenuto, il bauletto lo destineremo a contenere i caschi. Quindi? Che borsa utilizzare? Noi conducenti abbiamo risolto con il borsello da gamba di cui parlo brevemente qui o con un marsupio visto che se abbiamo la dolce compagnia di una zavorrina non potremo usare lo zainetto. Per tutti i motivi espressi sopra sono da evitare borse al braccio, borse a bauletto, pochette per ragioni comprensibili e tracolle varie. Quindi l'unica alternativa possibile rimane lo zainetto. Non dondola, non oscilla, non ingombra e, soprattutto, lascia le mani libere di tenersi saldamente. Di pelle, di plastica, di cuoio, glitterato, con le paillettes, con le figurine di Candy Candy, griffato, tarocco..... Come volete.

In moto ci siamo saliti, ben equipaggiati e con le giuste norme comportamentali. Abbiamo girato strade e stradine, autostrade e carrarecce. Abbiamo visto pianure, vallate, mari e montagne, metropoli, paesini e borghi disabitati ma sempre con il gusto di girare in moto. Alla fine, perche ogni viaggio o ogni tappa ha una fine, da questa benedetta moto dovremo scendere. E quindi? Abbiamo visto come si sale sulla moto. Ma come si scende? Piedi ben saldi a terra e leva del freno tirata. La nostra zavorrina dovrà poggiare entrambe la mani sulle spalle del biker, salire in piedi su entrambe le pedane e, poggiandosi sulla pedana sinistra, con la gamba destra dovrà fare un ampio giro all'indietro fino a toccare terra. A terra anche il sinistro ed il gioco è fatto! Possibile che per scendere si debba fare tutta questa tiritera? Se non vogliono finire con il sedere per terra sì. E con il rischio concreto che sopra ci vada a finire anche la moto ed il suo conducente.... Perchè questa cosa? Come potrebbe scendere diversamente? Certo, istrintivamente le verrebbe di mettere subito il piede sinistro a terra, alzare il destro ed indietreggiando mettere tutti e due i piedi a terra. E quindi? dove sarebbe il pericolo di finire con il deretano al suolo? Il problema è che appena mette il piede sinistro a terra l'ammortizzatore della moto inizierà a sollevarsi che in questo modo alzerà la sella della moto prima ancora che la gamba destra sia scesa, facendo finire a terra la nostra amata zavorrina. Meglio evitare!

Ora, per quei pochi temerari che sono giunti fino qui...

Che voi siate biker o zavorrine non esitate a commentare e dire la vostra. 

Anche se pensate che tutto quello che ho scritto siano tutte ca...stronerie!


Buona strada a tutti!

Immagini prese dal web

12 marzo 2022

Il borsello da gamba

C’è un accessorio che molti motociclisti, soprattutto quelli dediti al turismo, considerano utile se non indispensabile ma io lo considero veramente magico.
Sto parlando del borsello da gamba.


Ma cos'è e come si usa quello che alcuni detrattori, pochi in effetti, definiscono un inutile orpello se non addirittura brutto?

Di sicuro bello non è… Nessuno di noi, sano di mente, immagino che lo potrebbe mai indossare se non durante un bel giro con le nostre compagne di chilometri. Asfalto, terra battuta o strada bianca che sia.

Di sicuro torna molto utile quando si portano i pantaloni tecnici usandolo come svuotatasche. O meglio più che svuotarle impedisce di riempirle.

Si sa, i pantaloni tecnici non sono né comodi e né pratici. Ogni volta che dobbiamo mettere mano a qualcosa messo in tasca siamo costretti a fare una specie di “Tuca-Tuca” che nemmeno la Carrà degli anni d’oro riusciva a fare.

Metteteci inoltre che questo balletto potrebbe essere fatto sotto il sole a picco o sotto l’acqua, ecco che il nostro accessorio ci viene in aiuto. Lo apriamo ed in un attimo ci infiliamo tutto. Le chiavi, il portafoglio, il biglietto dell’autostrada se proprio siamo costretti a farla, il navigatore per quando lasciamo la moto fuori dal bar, l’adesivo del posto visitato da mettere sul bauletto, la calamita per il frigo di mamma, il souvenir per la zavorrina rimasta a casa, il panino con il salame, il cornetto napoletano, il santino di San Colombano da Bobbio patrono dei motociclisti. Perché si sa. Se San Cristoforo è il patrono degli automobilisti, San Colombano è quello dei motociclisti. Ed ognuno di noi ha il proprio amuleto. Sacro o profano che sia.


Ecco allora che il nostro compagno di chilometri entra in gioco. Apriamo la zip ed in un attimo riusciamo a metterci dentro di tutto.

Ma dove sta la magia di questo accessorio? Io lo considero una macchina del tempo.

Perché quando torno a casa dopo un giro più o meno lungo, tra le varie cose si svuota anche questo ed  inevitabilmente qualcosa, volutamente o per semplice distrazione, rimane dentro.

Ogni cosa che riesce fuori riaffiora un ricordo. La sabbia di quella spiaggia deserta per cui hai fatto svariai chilometri per raggiungerla, o lo scontrino dell’alimentari di Pienza dove ti sei fatto quel panino al pecorino locale di cui ti ricordi ancora il sapore o il biglietto dell’accesso a Civita di Bagnoregio, che fatica quella scarpinata!, il bigliettino da visita del produttore di quel vino di visciola marchigiano o l’accendino con cui hai acceso il fuoco in una delle mototendate fatte. Sant'Anatolia di Narco, Racollo, Monte Peglia, Sorgenti del Baregno, Lago Scandarello ad Amatrice o quella tendata nel paesino sperduto in provincia di Foggia di cui dovrei andare a cercare il nome e chissà quanti altri…

E, chiudendo gli occhi, ritornano alla mente tutti i ricordi.

Lo sai che più si invecchia

più affiorano ricordi lontanissimi

come se fosse ieri

 Cit. F. Battiato   



09 marzo 2016

Padre e figlio



Guardate il sorriso sulla faccia del figlio e l'impegno su quella del padre.
L'impegno di mantenere la parola di portarlo fare quel giro promesso chissà da quanto.
L'impegno di non far correre rischi senza inutili acrobazie stradali. Piega appena accennata e braccia tese pronte a proteggere il pargolo in caso di sbilanciamento o, peggio, di caduta.
L'impegno di riportarlo a casa sano e salvo, qualora ce ne fosse bisogno..., per dimostrare alla mamma che si sopravvive anche ad un giro in moto.
L'impegno di fare bella figura con il bambino.
L'impegno di farlo divertire.
L'impegno di portarlo mille e mille volte ancora.
L'impegno di trasmettere questa fantastica passione.
Il sorriso di chi si sta godendo un attimo che vorrebbe non finisse mai
Il sorriso di chi finalmente è riuscito a fare quel giro in moto da tanto atteso.
Il sorriso del vento in faccia.
Il sorriso pensando al giorno dopo "Ma lo sai che papà mi ha portato in moto? Andavamo a più di 200 all'ora!!!" perché i bambini parlando del papà esagerano sempre.
Il sorriso pensando "Mamma tranquilla non abbiamo corso siamo andati a 20 al massimo a 30 all'ora..."
Il sorriso pensando che è fortunato ad avere il papà più figo del mondo.....
Fonte foto: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=829477257179831&set=gm.1063833460349872&type=3&theater

19 marzo 2014

Sorpasso

Questa la devo raccontare...

Ero fermo al semaforo in attesa del verde.
Dallo specchietto retrovisore vedo sopraggiungere due lucine basse che non riuscivo a decifrare a quale veicolo appartenessero.
Mi arriva a sinistra una carrozzina elettrica condotta da una signora. Mi sorpassa e senza guardare minimamente il semaforo che continuava ad essere rosso svolta a destra senza curarsi di niente e nessuno.
Nemmeno dei pedoni che stavano attraversando....
Non so perché ma mi sono sentito molto motoimbecille!

fonte foto http://www.acmmontascale.it/sites/default/files/img-editor/scooter-handicare-2.jpg

24 gennaio 2014

M'è montata la scimmia.....



  

Nella tradizione popolare, la scimmia è spesso associata all'idea di qualcosa di brutto, di malefico, di pericoloso, come in modi di dire quali “brutta scimmia”, “cattivo come una scimmia”, “scimmia dispettosa” e simili. Altre volte la scimmia è legata all'idea della perdita del controllo su se stessi, in particolare nel caso dell'alcolismo che veniva un tempo considerato il peggiore e il più vergognoso dei vizi. L'abitudine al bere era molto diffusa e altrettanto vituperata, e forse per questo la fantasia popolare preferì vedere il bevitore come la vittima di una scimmia che gli stava appollaiata sulla spalla e lo pressava con il proprio bisogno d'alcol. Se l'ospite rifiutava di soddisfarlo, la scimmia si vendicava facendolo star male; secondo alcune versioni, graffiandogli il volto o strappandogli i capelli. La vendetta della scimmia andrebbe identificata con il disagio della crisi d'astinenza.
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Ora, miei amici, compagni, fratelli centauri....... perché tutta questa premessa? Che c'entra la scimmia in un blog motociclistico?

Ora vi racconto la mia di scimmia, quella che mi sta appollaiata sulla spalla e sfrucuglia nelle orecchie, nel cervello e che potrebbe portarmi a fare gesti malsani....

Qualche giorno fa leggevo il resoconto di altri dissennati, malati cronici, ormai irrecuperabili che avevano caricato le moto e si erano andati a fare una gitarella fuori porta.

Mentre leggevo dei loro giri e vedevo le loro splendide foto mi si è accesa la lampadina di Archimede Pitagorico, il personaggio Disney....


 

"Perché non vado su internet e vedo quanto costa un traghetto per andare a Tunisi con Amelia? "
Detto fatto! Una brevissima ricerca mi dice che andare in Tunisia con la moto, per esempio prima di Pasqua, costa la sconsiderata cifra di 107 Euro. E 197 con zavorrina dietro.
Dico CEN-TO-SET-TE!!!!! 
Diamo un'occhiata ai documenti necessari....
Niente passaporto, basta la carta di identità e per guidare la patente italiana è sufficiente. Un'occhiata alla mia assicurazione e pure quella va bene. Non serve nemmeno il "Carnet de Passage" indispensabile in tanti posti.... e la benzina costa esattamente la metà che da noi!!!


In pratica potrei anche prenotare subito, caricare la moto ed andare....
Chi si fa montare la scimmia come me?
Non sarà il viaggio del sogno..... Però... A 'sti prezzi.....